TRASNAZIONALITÀ
E VINCOLI FORTI CON IL TERRITORIO ITALIANO

 

Viviamo in una società multietnica.
Nell’ambito della mia attività professionale, nel disaminare un caso, mi capita sempre più frequentemente di applicare il diritto internazionale privato.
In particolare, dinnanzi ad una fattispecie con elementi di trasnazionalità occorre anzitutto verificare quale sia la giurisdizione competente e quale sia la legge applicabile.
La materia è sterminata, costellata da regolamentazione comunitaria ed extra-ue (oramai l’ambito di operatività della Legge n. 218/1995 è del tutto residuale).
Di recente, ho affrontato una fattispecie con elementi di trasnazionalità e contestuale radicamento nel territorio italiano. Si trattava di due cittadini tunisini, residenti in Italia da oltre 15 anni i quali, ottenuto il divorzio, davano avvio a un giudizio per la revisione del mantenimento dei figli e il riconoscimento del mantenimento a favore dell’ex coniuge.
La questione, di grande interesse giuridico, sottesa al caso di specie era quale normativa fosse applicabile. Controparte, in particolare, sosteneva fosse la legge tunisina e ciò in base agli artt. 30 e 31 della Legge n. 218/1995 (con conseguente applicazione della legge nazionale comune dei coniugi).
Mi opponevo fortemente a tale assunto, insistendo per la giurisdizione del Tribunale italiano e l’applicazione della legge italiana, stante la portata universale dell’art. 3 Regolamento CE 4/2009 per la giurisdizione e dell’art. 15 Regolamento CE 4/2009 nonché dell’art. 3 del Protocollo dell’Aja del 23/11/2007 in ordine alla legge applicabile. Argomentavo la mia posizione, evidenziando l’immensa diversità tra le discipline giuridiche in comparazione: basti ricordare, nel diritto tunisino, la sussistenza di istituti lontanissimi dalla nostra cultura, quali la dote, l’inesistenza dell’affido condiviso, il dovere di custodia della donna, il mantenimento delle figlie femmine fino al matrimonio.
In accoglimento della mia difesa, il Tribunale adito ha così statuito “la circostanza per cui gli elementi di transnazionalità della fattispecie richiamino l’ordinamento di uno Stato non appartenente all’Unione Europea non è ostativa all’applicazione di dette fonti internazionali, avendo tali disposizioni un ambito di applicazione tendenzialmente universale, in quanto esteso anche ai cittadini di Stati Terzi che abbiano vincoli sufficientemente forti con il territorio di uno degli Stati membri, come nel caso in esame, essendo le parti residenti in territorio italiano da più di dieci anni”.
La ratio di una tale statuizione può certamente ravvisarsi nel consentire una corrispondenza tra forum e ius nonché di favorire l’integrazione dei cittadini stranieri nel tessuto sociale dello Stato ove hanno scelto di stabilire il centro principale dei propri interessi.