APERTURA E GESTIONE DEL CONTO
O DEL LIBRETTO PUPILLARE:
SERVE IL GIUDICE TUTELARE?
Trattasi di operazioni rientranti negli atti di ordinaria amministrazione,
ragion per cui è superflua l’autorizzazione del Giudice Tutelare
I genitori sono i “rappresentanti legali” dei figli, si fanno carico di ogni loro necessità, da quelle economiche a quelle personali.
Nell’ambito della gestione patrimoniale ed economico-finanziaria, occorre distinguere gli atti di ordinaria amministrazione da quelli che rientrano nella straordinaria.
In generale, atto di ordinaria amministrazione è quello diretto a conservare l’integrità del patrimonio del figlio e non incide in maniera rilevante su di esso. Per questo, tali atti possono essere compiuti disgiuntamente da ciascun genitore (art. 320, comma I, c.c.).
Viceversa, atto di straordinaria amministrazione è quello che incide in modo sostanziale sulla struttura e consistenza del patrimonio e per il suo compimento viene previamente verificata la necessità o l’utilità evidente per il minore stesso (in via esemplificativa: l’acquisto di beni, la riscossione di capitali, l’accettazione o la rinuncia di eredità e donazioni, l’assunzione di obbligazioni, la stipula di contratti di locazione oltre i 9 anni). Per questi ultimi, occorre ottenere l’autorizzazione del Giudice Tutelare. Ai sensi dell’art. 320, comma IV, c.c., infatti, “i capitali non possono essere riscossi senza autorizzazione del Giudice Tutelare, il quale ne determina l’impiego”.
L’autorizzazione del Giudice Tutelare riguarda un controllo di merito sull’atto da compiere, deve essere ovviamente preventiva e la sua mancanza rende l’atto annullabile.
Ciò posto, per lungo tempo, ci si è chiesti se l’indennità di accompagnamento e l’indennità di frequenza necessitano dell’autorizzazione del Giudice Tutelare. Entrambe sono prestazioni economiche assistenziali erogate a domanda.
Quanto all’indennità di accompagnamento per invalidi civili è rivolta ai soggetti per i quali è stata accertata la totale inabilità (100%), a causa di minorazioni fisiche o psichiche per i quali è stata accertata l’impossibilità di deambulare senza l’aiuto di un accompagnatore oppure l’incapacità di compiere gli atti quotidiani della vita; spetta indipendentemente dal reddito personale annuo e dall’età; viene corrisposta per 12 mensilità, a partire dal primo giorno del mese successivo alla presentazione della domanda; per il 2020 l’importo dell’indennità è di 520,29 euro; è compatibile con lo svolgimento di attività lavorativa, dipendente o autonoma; è inoltre compatibile e cumulabile con le indennità di accompagnamento per i ciechi totali (soggetti pluriminorati).
L’indennità di frequenza, invece, è una prestazione economica, erogata a domanda, finalizzata all’inserimento scolastico e sociale dei minori con disabilità fino al compimento della maggiore età. Spetta ai minori di 18 anni con difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie dell’età. La Corte Costituzionale, con la sentenza 467/2002, ha esteso l’indennità di frequenza anche ai minori, da zero al terzo anno di età, che frequentino l’asilo nido; l’indennità viene corrisposta per tutta la durata della frequenza (fino a un massimo di 12 mensilità); per il 2020 l’importo è di 286,81 euro mensili; il limite di reddito personale annuo è pari a 4.906,72 euro.
Ciò precisato, possiamo ora chiederci se le operazioni relative a tali indennità siano da considerarsi atti di ordinaria o di straordinaria amministrazione.
Per anni sono emersi dubbi e difformità applicative: ci si chiedeva, infatti, se il soggetto responsabile del minore potesse procedere o meno senza richiedere una specifica autorizzazione al Giudice Tutelare. Sul tema, si sono susseguite diverse pronunce giurisprudenziali tanto da spingere l’Inps ad esprimersi in modo dirimente, con il messaggio n. 3606 del 26 marzo 2014. In tale intervento, viene dichiarato che le operazioni relative all’accredito dell’indennità di accompagnamento o dell’indennità di frequenza sono atti di ordinaria amministrazione e, quindi, non necessitano di alcuna specifica autorizzazione da parte del Giudice Tutelare.
Tali indennità, quindi, possono essere gestite direttamente dai genitori che possono quindi compiere tutti gli atti necessari per percepire tali importi (inclusi gli eventuali arretrati), compresa l’apertura e la gestione di un conto corrente intestato al minore beneficiario della prestazione.
Non si comprende pertanto il motivo per cui, ciò malgrado, alcune filiali di Poste Italiane e di Istituti Bancari richiedano ancora l’autorizzazione del Giudice Tutelare, costringendo così i genitori a investire tempo e spese per chiedere e ottenere l’autorizzazione predetta. Tale posizione, alla luce di quanto sopra esposto, è priva di fondamento.
DM Lex Studio Legale, nell’ambito della sua attività rivolta a famiglie e minori, resta a disposizioni per consulenze in materia.