CORONAVIRUS, ASILI E SCUOLE PRIVATE:

SONO DOVUTE LE RETTE?

Scuole e asili chiusi a causa dell’emergenza epidemiologica da Covid-19:

linee guida se le scuole private chiedono il pagamento delle rette

(Avv. Valeria Dellavedova e Avv. Francesca Tagliarini)

A fronte dell’emergenza sanitaria da Covid-19, dallo scorso 24 febbraio 2020 in Lombardia e dal 4 marzo in tutta Italia, le scuole di ogni ordine e grado, compresi asili nidi e scuole dell’infanzia, pubbliche e private, hanno sospeso le attività scolastiche.

Ai sensi del DPCM del 10/04/2020, tale sospensione proseguirà almeno sino al 03/05/2020.

In un siffatto contesto, ci si pone pertanto la questione, con riguardo alle scuole e asili privati, se la retta scolastica sia ugualmente dovuta.

Al fine di fornire linee guida, è preliminarmente opportuno ricordare le principali caratteristiche del rapporto contrattuale che si viene ad instaurare tra Scuola, da un lato, e Famiglie, dall’altro.

Siamo dinnanzi a un rapporto a prestazioni corrispettive (detto, anche, sinallagmatico), di carattere continuativo, in forza del quale, a fronte del pagamento di un corrispettivo (la retta scolastica) da parte dei genitori, la Scuola assume una pluralità di obbligazioni nei confronti del bambino iscritto: istruzione, educazione, intrattenimento con momenti ludici e ricreativi, protezione e vigilanza. Il tutto per favorire un equilibrato sviluppo psico-fisico del minore, offrendo esperienze adeguate ai suoi bisogni e opportunità di relazione con altri bambini.

Certo è che il contenuto di tali servizi deve adeguarsi all’età dei bambini: è di tutta evidenza che i bisogni di un bambino da 0 a 6 anni siano differenti rispetto a quelli di un minore in età scolare. Possiamo dire che l’attività propriamente didattica cresce con l’aumentare dell’età del bambino e, parimenti, possiamo dire che l’attività ludico-ricreativa e gli obblighi di protezione e vigilanza diminuiscono all’aumentare dell’età del minore. Detto diversamente, quanto più un bambino è piccolo, tanto maggiore sarà il tempo riservato al gioco e la protezione e vigilanza che deve garantire l’istituto; mano a mano che lo stesso cresce, sarà maggiore il tempo riservato alle lezioni didattiche propriamente dette.

Inoltre, il contenuto dei servizi deve tener conto anche delle peculiarità dei bambini: ci si riferisce, in particolare, ai bambini con disabilità affiancati dall’insegnante di sostegno con il principale scopo di favorirne l’inclusione. Nello specifico, in tali casi l’insegnante dovrà attenersi al cosiddetto PEI (piano educativo individualizzato), documento ove sono riepilogati gli obiettivi da conseguire con riguardo alle diverse sfere del minore (area cognitiva-neuropsicologica; area affettivo-relazionale; area comunicativo-linguistica-espressiva; area sensoriale; asse motorio prassico; area dell’autonomia; area dell’apprendimento, ecc.).

Evidenziato il sinallagma del rapporto de quo e messe in luce le principali caratteristiche, possiamo ora porre in risalto i seguenti aspetti:

– in conseguenza della diffusione sul territorio nazionale del virus Covid-19, il Governo ha disposto la chiusura delle scuole e degli asili;

– gli ordini dell’Autorità amministrativa dettati da interessi generali costituiscono una causa di forza maggiore che rende di fatto impossibili – in tutto o in parte – le prestazioni ad opera delle scuole e degli asili;

– volgendo ora lo sguardo alle scuole private, è principio generale quello secondo cui, la parte liberata per la sopravvenuta impossibilità della prestazione dovuta (nel nostro caso, scuole/asili) non può chiedere la controprestazione (il pagamento del prezzo) e deve restituire quella che abbia già ricevuto (art. 1463 c.c.).

Ora, secondo le indicazioni del Governo, gli istituti scolastici anche privati, in tempi e modalità diverse, al fine di garantire la continuità dei percorsi nel rispetto delle misure restrittive per contenere il contagio, hanno sostituito le lezioni in aula con la didattica a distanza.

Malgrado ci siano sicuramente esperienze positive, v’è un fatto oggettivo: le lezioni telematiche, per quanto ben organizzate, non possono di certo sostituire la giornata a scuola, coinvolgendo le famiglie e gravandole della gestione e della cura dei figli.

Quindi, come ci si deve comportare nel caso in cui la scuola privata chieda ai genitori il pagamento delle rette scolastiche?

Ferma restando la peculiarità di ogni singolo caso concreto, possiamo di seguito fornirVi le seguenti linee guida:

– ci pare pacifico che l’unica porzione di retta che non andrà versata, finché gli istituti non riapriranno, sarà quella dedicata alla mensa e agli ulteriori eventuali servizi (ad es. scuolabus) che, oggettivamene, non possono essere concretamente fruiti durante la chiusura delle strutture;

– quanto alle altre voci che compongono una retta scolastica, a nostro giudizio occorre prendere in considerazione, da un lato, la durata e frequenza dei servizi telematici offerti e, dall’altro, gli effettivi benefici per il bambino e la sua famiglia.

Ad esempio, la semplice messa a disposizione via email, anche giornalmente, di schede per bambini fino a 6 anni, non può rendere fondata la richiesta di pagamento da parte dell’asilo della retta scolastica. E ciò avuto riguardo all’età dei minori in questione: per tale fasce d’età, infatti, il servizio reso dall’Istituto nell’ordinarietà è principalmente informato al momento ludico, ricreativo, educativo e di relazione tra compagni nonché, come detto, alla sorveglianza ed alla vigilanza dei minori.

Quanto alla scuola primaria, riteniamo che la quantificazione della retta scolastica vada rivista a seconda di quanto offerto nel concreto. Ad esempio, riteniamo iniquo per una scuola privata chiedere il pagamento dell’intera retta scolastica in caso di lezioni on line della durata poche ore settimanali a fronte delle 8 circa quotidiane nell’ordinarietà.

L’integrale pagamento della retta scolastica a favore della scuola darebbe quindi luogo a un indebito arricchimento (art. 2033 c.c.) per la stessa, a danno delle famiglie.

Sulla base della medesima ratio, nel caso i familiari avessero effettuato un pagamento anticipato, gli stessi avrebbero il diritto di chiedere il rimborso del corrispettivo per i mesi in cui il servizio non sia stato espletato per causa di forza maggiore (alternativamente, si potrebbe concordare con la Scuola di non versare più corrispettivi in attesa di compensare i mesi già pagati per cui il servizio non è stato reso).

Sotto altro profilo, può accadere che il contratto sottoscritto dai genitori al momento dell’iscrizione contenga una clausola in forza della quale il pagamento della retta sia dovuto anche in concomitanza di eventi di natura eccezionale, straordinaria e imprevedibile. A nostro giudizio, una simile clausola rientrerebbe tra quelle vessatorie ai sensi dell’art. 33 del Codice del Consumo, in quanto determinerebbe a carico del consumatore un significativo squilibrio degli obblighi del contratto, con la conseguente sua nullità.

Stante tutto quanto sopra esposto, ferme le peculiarità di ogni singolo caso concreto, il nostro consiglio è quello di:

(i) domandarsi se la richiesta di pagamento ricevuta dalla Scuola sia fondata o meno avuto riguardo a tutte le variabili citate nel presente contributo;

(ii) verificare il contenuto del modulo di iscrizione/contratto;

(iii) evidenziare all’Istituto la vostra posizione per iscritto, motivando le ragioni per cui, a vostro giudizio, la domanda di pagamento delle rette sia infondata.

DM Lex Studio Legale resta a disposizione, anche in via telematica, per fornire consulenza sul tema.